Un accordo stragiudiziale riconosce il danno biologico, il dolore e le ripercussioni familiari: un caso emblematico di giustizia tardiva ma concreta.

Un risarcimento di 520mila euro è stato riconosciuto agli eredi di un operaio metalmeccanico deceduto a soli 66 anni a causa di un mesotelioma pleurico maligno, contratto dopo decenni di esposizione professionale all’amianto. L’accordo, raggiunto in via stragiudiziale lo scorso luglio davanti al Tribunale di Genova e liquidato integralmente il 30 settembre, rappresenta un significativo passo avanti nel riconoscimento dei diritti delle vittime dell’amianto e dei loro familiari.

La vicenda riguarda un ex dipendente di un importante stabilimento metalmeccanico genovese, specializzato nella costruzione di macchinari e impianti industriali pesanti, successivamente confluito in un’altra società. L’uomo aveva lavorato per oltre vent’anni a stretto contatto con materiali contenenti amianto, senza adeguate misure di protezione, in un’epoca in cui la consapevolezza dei rischi legati a tale sostanza era ancora sottovalutata o ignorata.

La diagnosi di mesotelioma pleurico arrivò nel luglio del 2021, dopo mesi di sintomi respiratori e affaticamento. Da quel momento iniziò un doloroso percorso di sofferenza fisica e psicologica, durato poco più di un anno, fino al decesso avvenuto nel 2022. I familiari, assistiti dagli avvocati Domenico Carotenuto e Marco Giglia e dal dottor Nicola Maria Giorgio, medico legale e responsabile scientifico di AP Risarcimento & Consulenza (Scafati, Salerno), hanno intrapreso una battaglia legale per ottenere giustizia e verità.

Il risarcimento riconosciuto tiene conto del danno biologico terminale, del dolore patito dalla vittima e dei gravi riflessi sulla vita dei familiari. Si tratta di una cifra che rappresenta non solo un ristoro economico, ma anche il riconoscimento formale di una responsabilità aziendale legata a condizioni di lavoro insalubri e alla mancata tutela della salute dei dipendenti.

La ricostruzione dei fatti non è stata semplice. Gli avvocati Carotenuto e Giglia hanno evidenziato la complessità della vertenza: «La difficoltà maggiore è stata ricostruire la verità storica. Abbiamo dovuto rintracciare documenti, testimonianze, certificazioni INAIL e analizzare un intreccio di responsabilità che si estendeva per decenni. L’azienda, nel frattempo, aveva subito fusioni e riorganizzazioni che rendevano ancora più difficile individuare i soggetti giuridicamente responsabili. È stato un lavoro lungo e meticoloso, condotto con la consapevolezza che dietro ogni atto c’era la vita di una persona e il dolore di una famiglia».

Fondamentale per l’esito dell’accordo è stata la perizia medico-legale del dottor Nicola Maria Giorgio, che ha fornito un’analisi dettagliata e scientificamente ineccepibile del nesso causale tra l’esposizione all’amianto e la patologia tumorale. «Dal punto di vista medico-legale – ha spiegato il dottor Giorgio – questi casi dimostrano quanto sia cruciale un’indagine rigorosa per documentare il legame tra il lavoro e la malattia. Quando la scienza medica viene applicata con precisione, il dolore individuale si trasforma in una verità oggettiva, capace di resistere nel tempo e nei tribunali. Ogni relazione peritale non è solo un documento tecnico, ma un atto di giustizia morale nei confronti delle vittime».

Il risultato ottenuto rappresenta per il team di AP Risarcimento & Consulenza una vittoria simbolica e concreta, capace di dare speranza a tante famiglie che, ancora oggi, lottano per vedere riconosciuti i danni subiti a causa dell’amianto. «Dietro ogni fascicolo – hanno aggiunto gli avvocati Carotenuto e Giglia – c’è una storia di vita, di dolore e di dignità. Questo accordo non cancella la sofferenza, ma restituisce un senso di giustizia e riconoscimento. È la prova che, anche a distanza di anni, la verità può emergere e trasformarsi in tutela reale. Come legali, riteniamo che il nostro dovere non sia solo quello di ottenere un risarcimento economico, ma di ridare voce e dignità a chi ha pagato con la vita la mancanza di sicurezza sul lavoro».

Il caso di Genova è solo uno dei tanti che continuano a riaffiorare in Italia, dove le conseguenze dell’esposizione all’amianto – nonostante la messa al bando del materiale nel 1992 – restano ancora oggi una delle pagine più drammatiche della storia industriale nazionale. Ogni anno nel Paese vengono diagnosticati circa 1.500 nuovi casi di mesotelioma pleurico, e molti di essi sono legati a esposizioni lavorative avvenute decenni prima.

La vicenda dell’operaio genovese dimostra che la giustizia, pur tardiva, può ancora arrivare. Ed è anche un monito per le istituzioni e per il mondo produttivo: la sicurezza sul lavoro non è un costo, ma un dovere civile, morale e umano.

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