di Giovanni Loche

 

Con la fumata bianca delle 18:08 di ieri 8 maggio 2025, il Conclave ha annunciato l’elezione di Robert Francis Prevost come 267° Papa della Chiesa cattolica, con il nome di Leone XIV.

L’annuncio è stato dato dal cardinale protodiacono Dominique Mamberti dal balcone centrale della Basilica di San Pietro. La sua elezione rappresenta un evento storico, segnando la prima volta che un cittadino degli Stati Uniti assume il ruolo di Pontefice.

Nato a Chicago il 14 settembre 1955, Robert Francis Prevost ha 69 anni. Ha origini franco-italiane da parte paterna e spagnole da parte materna. Dopo gli studi in matematica, filosofia e teologia, è stato ordinato sacerdote a 26 anni. Ha svolto un’importante missione in Perù, dove è stato vescovo di Chiclayo dal 2015 e ha ottenuto la cittadinanza peruviana. Nel 2025, Papa Francesco lo ha nominato prefetto del Dicastero per i Vescovi. La sua esperienza internazionale e il suo impegno pastorale lo hanno reso una figura di equilibrio tra le diverse correnti della Chiesa.

Scegliendo il nome Leone XIV, il nuovo Papa richiama la figura di Leone XIII, noto per l’enciclica Rerum Novarum che ha gettato le basi della dottrina sociale della Chiesa. Questo suggerisce l’intenzione di Leone XIV di proseguire e approfondire l’impegno della Chiesa nelle questioni sociali contemporanee.

Nel suo primo discorso dalla Loggia delle Benedizioni, Leone XIV ha ringraziato i cardinali per la fiducia e ha ricordato con affetto Papa Francesco. Ha parlato in italiano e spagnolo, rivolgendosi anche alla sua ex diocesi peruviana di Chiclayo. Ha sottolineato l’importanza della pace, del dialogo e dell’inclusione, invitando la Chiesa a essere un ponte tra le diverse culture e realtà sociali.

Leone XIV si trova ad affrontare numerose sfide: come la necessaria e tanto attesa “Riforma della Chiesa” e proseguire le riforme avviate da Papa Francesco, in particolare in materia di trasparenza e lotta agli abusi. In secondo luogo il tema della “Crisi vocazionale” da affrontare con estrema decisione per la diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose in molte parti del mondo. E poi la tematica legata alla “Secolarizzazione” che rispondere alla crescente secolarizzazione delle società occidentali e al calo della pratica religiosa. In ultimo ci sono da affrontare per il Papato di Roma tutte le questioni che riguardano la “Globalizzazione” intesa come impregno su temi della la giustizia sociale, della migrazione, del cambiamento climatico e della pace.

Leone XIV è considerato un continuatore del cammino tracciato da Papa Francesco, ma con una propria visione e sensibilità. La sua esperienza in America Latina e la sua attenzione alle periferie del mondo lo rendono particolarmente attento alle esigenze delle comunità più vulnerabili. Il suo pontificato si preannuncia come un periodo di dialogo, apertura e rinnovamento per la Chiesa cattolica.

 

Papa Robert Francis Prevost ha scelto il nome Leone XIV perché rappresenta un nome di rottura e di continuità allo stesso tempo. Infatti dopo decenni di nomi legati a figure recenti (Giovanni Paolo, Benedetto, Francesco), Leone XIV riporta l’attenzione a un’epoca diversa, premoderna, quasi “pre-conciliare”. Non è un ritorno al passato, ma un richiamo a una tradizione riformatrice che, a suo tempo, ha scosso la Chiesa e il mondo.

Il precedente più evidente è Leone XIII, noto per l’enciclica Rerum Novarum (1891), primo documento della dottrina sociale della Chiesa, che affrontava il tema del lavoro, dei diritti dei lavoratori, del capitale e della dignità umana, che rappresenta la forma di dialogo con il pensiero moderno e con la scienza scelta dal nuovo Papa.

Scegliere il nome Leone oggi può voler dire riaffermare l’impegno della Chiesa nelle questioni sociali contemporanee in primis quella della giustizia globale, delle diseguaglianze, delle nuove forme di sfruttamento, intelligenza artificiale, cambiamenti climatici, ecc.

E poi da non sottovalutare il grande valore che si deve attribuire al simbolismo cristiano, il leone rappresenta la forza e il coraggio, qualità necessarie per guidare la Chiesa in un’epoca di polarizzazione, guerre e crisi di fiducia. Il leone biblico, in particolare quello associato a Giuda e al Cristo trionfante nell’Apocalisse, dove non è rappresentato come un predatore, ma un difensore, dunque è qui a simboleggiare la protezione dei deboli, e nel contempo l’autorità spirituale e pastorale, mai autoritaria.

 

Questa simbologia si sposa bene con la personalità di Prevost: mite ma deciso, pastore attento, riformatore sobrio. I Cardinali della Chiesa di Universale Roma hanno voluto fare una scelta in controtendenza, molti si aspettavano che il primo Papa statunitense adottasse un nome nuovo o “neutro”, magari per non polarizzare. Invece, Leone è un nome forte, solenne, che impone un’identità precisa: un pontefice che non vuole essere “di transizione”, ma di visione.

In un contesto ecclesiale segnato da tensioni tra conservatori e progressisti, Leone XIV potrebbe rappresentare una terza via: riformismo radicato, non ideologico. Tradizione e novità, insieme. La scelta del nome è quasi un piccolo manifesto di pontificato. Papa Francesco ha indicato lo stile (misericordia, periferie, sobrietà), Leone XIV potrebbe indicare i contenuti e le priorità: la giustizia sociale (come Leone XIII); il ruolo dei laici e delle donne; la presenza cattolica nei dibattiti globali e in ultimo l’integrazione tra etica e tecnologia.

Con il nome Leone XIV, Robert Prevost ha voluto dare un messaggio chiaro ma non urlato: un papato di autorevolezza pastorale, che non ha paura di affrontare il mondo moderno, ma neanche di rievocare la grandezza spirituale e politica di una Chiesa capace di orientare, non solo assistere.

È un nome che richiama forza morale, intelligenza sociale e visione universale.

 

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