Il segretario generale Lauro: «Effetti della pandemia sommati a carenze strutturali Paese»

«Gli effetti nefasti della pandemia si sono sommati alle carenze strutturali di un sistema-Paese, che, negli ultimi vent’anni, di fronte alle sfide della globalizzazione e ai ‘paletti’ europei, senza avere la capacità di raccogliere gli stimoli positivi dell’Unione, non ha avuto uno straccio di politica industriale, coerente, continuativa e flessibile» commenta il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro. «L’economia e la società italiana stanno disperatamente tentando di uscire dal periodo più buio dal secondo dopoguerra. La produzione nazionale quest’anno – si legge in un lungo paper di Lauro pubblicato sul sito dell’associazione – è in caduta senza precedenti, stimata in un -12%, e il prossimo non ci si aspetta che recuperi se non una frazione di quanto perduto. L’esclusione dal lavoro tra disoccupati e inoccupati ha raggiunto i limiti della tollerabilità, molte imprese hanno dovuto chiudere i battenti e ben difficilmente li riapriranno, i redditi si riducono, i debiti insoluti stanno aprendo voragini nei bilanci delle banche e il debito pubblico viaggia verso vette da cui non si può scendere senza farsi molto male».
Secondo Lauro «i due governi Conte di questa diciottesima legislatura repubblicana, paralizzati da programmi contraddittori, sostenuti da maggioranze spurie, non si sono neppure posto il problema di definire una politica industriale. Il governo attuale, inoltre, travolto dall’emergenza epidemica, ha finora cercato di tamponare la crisi ricorrendo a interventi in tempi normali incompatibili con un’economia di mercato concorrenziale, varando soltanto misure tampone e rivelando una totale mancanza di strategia per l’uscita dal baratro in cui siamo caduti. In particolare, manca una visione e una strategia di ‘politica industriale’ che orienti e indirizzi le scelte di imprese, famiglie e settore pubblico verso quei fattori trainanti lo sviluppo economico-sociale. Si registrano, invece, interventi di puro assistenzialismo, che generano dipendenze interminabili, e solo pochi frammenti di sostegno a qualche importante attività, come innovazione ed export, senza un quadro prospettico per i prossimi anni e senza intaccare i ceppi profondi che da anni hanno penalizzato e impoverito il nostro Paese». Per il segretario generale di Unimpresa «Si è ritenuto erroneamente che bastassero gli incentivi e gli aiuti a questo o a quel settore industriale per realizzarla, mentre al contrario essa abbraccia tutti i nodi del sistema, tanto del manifatturiero che dei servizi, perché vi è una stretta interdipendenza tra questi settori. La conferma, ad esempio, si trova nelle tendenze oggi in atto nel mondo, in cui si assiste a una ‘servitizzazione’ dell’industria, nel senso che il suo successo è legato sempre più ai servizi di cui si avvale prima, durante e dopo i processi produttivi».
Commenti recenti