di Nicola Tavoletta

Torino e Palermo sono collegate da una infinita storia di intrecci sociali. Vicende raccontate con straordinaria sensibilità e poetica giornalistica dal grande Vladimiro Caminiti. Andiamo a rileggere i suoi articoli e riscopriamo la vera ricchezza intellettuale del cronista d’autore. Nacque a Palermo e morì a Torino, probabilmente come tanti operai del ‘900. Lui fu operaio ed architetto del giornalismo d’eccellenza del Dopo Guerra fino agli anni ’90.

Scrive di lui Darwin Pastorin: «Al giornalismo sportivo di oggi, così prevedibile, così senz’anima, così inutilmente presuntuoso, mancano le immagini e gli aggettivi di Camin, il suo sguardo attento e pulito, il suo entusiasmo, la sua cultura.»

Una definizione che diedero dello stesso è che non abbia mai scritto per compiacere ai lettori.

Lui, tra le tante storie, è stato poeta di due epopee, entrambe iniziate il 1 novembre. Entrambe delle sue due città.

Nel Capoluogo piemontese, era 1893, in quello siciliano era il 1900 e nacquero così due miti rosaneri: la Juventus e il Palermo.

Sappiamo tutti che i colori mutarono per il club torinese per un errore inglese che concise con il primo scudetto, quindi errore ritenuto fortunato.

La Juventus fu fondata da un gruppo di studenti del Liceo Classico Massimo D’Azzeglio che avevano quale ritrovo una panchina in centro, mentre il Palermo da uno studente, Ignazio Majo Pagano, che, tornato dai suoi studi a Londra, portò il calcio in Sicilia.

Questo legame storico tra due grandi città, anche nel calcio, fonda non tanto in una data, ma nella origine culturale e di studi che genera la storia di un percorso sportivo.

Forse è proprio quel senso di identità culturale che anima e muove le comunità che dovrebbe nuovamente caratterizzare il calcio, così da rinnovarne finalmente la grande missione sociale.

Perdere la mediaticita’ sensazionalistica, dove tutti sono fenomeni, come ben scriveva Pastorin nella sua citazione, e riaquisire la intensità della umanità.

Scrisse proprio Caminiti:

“Il calcio non è solo divismo, non è tifo alquanto cretino con richiesta di autografo, è resoconto della vita. Questo gioco è emblematico del resto. Uno stortignaccolo può vincere nel calcio come un Adone. Contano le qualità dello spirito, il nerbo, la tempra”.

 

 

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