di Emanuele Troisi (Comitato Sannita Acqua Bene Comune)

Nei giorni scorsi sulle colonne del quotidiano Il Mattino sono apparsi diversi interventi politici inerenti la diga di Campolattaro, «la più grande opera pubblica realizzata nel Sannio dall’Unità d’Italia a oggi».

Ad innescare il dibattito è stato Roberto Costanzo, ex parlamentare europeo, il quale già il 19 luglio 2020 dalle pagine dello stesso quotidiano aveva posto una serie di domande alla classe dirigente nostrana relative al futuro della diga.

Ha proseguito il Sindaco di Benevento Clemente Mastella che, dopo aver sottolineato la grande importanza della diga «per la nostra economia, per la nostra sete e per il nostro futuro», ha invitato tutte le istituzioni interessate (Regione, Provincia e Comuni) “a fare presto” per decidere “velocemente” a chi e come destinare quelle acque. Alla voce del Sindaco ha fatto subito eco quella della Senatrice Lonardo che – con grande tempismo – ha promesso il suo massimo impegno per far inserire l’opera nel Recovery plan.

A nostro giudizio, al di là della retorica politica, poco o nulla è stato detto o scritto di interessante. Gli interrogativi posti da Costanzo sulle tante criticità legate all’utilizzo della diga (destinazione delle acque, costi e benefici per i sanniti, ricavi e ristori per gli abitanti della zona) sono importanti ma non dicono l’essenziale. Ed è per questo che abbiamo fortemente voluto inserirci in questa interessante discussione. Noi riteniamo che, al di là delle buone intenzioni e dei meriti di chi l’ha promossa, le vere e più scottanti questioni siano state appena sfiorate, se non opportunisticamente taciute. Con buona pace del Galanti, il problema non è il nome che si dovrà dare al futuro distretto idrico, ma chi sarà chiamato a gestirlo e con quale denaro.

Il nostro Comitato, come già fatto in passato, non può non esprimere tutta la sua preoccupazione per lo scenario sinistro che si sta profilando, anche e soprattutto alla luce di quanto emerso nell’ultimo consiglio provinciale dove si è discusso, tra le altre cose, anche dell’ASEA, la società a capitale interamente pubblico che fino ad ora ha gestito la diga e che, a quanto pare, smetterà di farlo a partire dal 2022. A dirlo è stato lo stesso Presidente Di Maria il quale, chiamando in causa direttamente la Regione, ha dichiarato con giustificazioni, a nostro avviso, piuttosto deboli che la Provincia, non potendo continuare ad essere “il bancomat delle partecipate”, dovrebbe liberarsi del peso della diga e destinare ad altro – a cosa non è dato saperlo – i 450 mila euro che annualmente l’Ente versa nelle casse della società.

Non capiamo le ragioni di certe affermazioni. O meglio, le intuiamo ed esigiamo chiarimenti e spiegazioni. Se, come è stato detto, c’è la volontà a mantenere pubblica la gestione della diga; se ASEA, che è già pubblica, è tra le partecipate della Provincia «quella che ha creato meno problemi finanziari»; se per la diga passa molto del futuro sviluppo economico del Sannio, perché pilatescamente la Provincia vuole lavarsene le mani e, soprattutto, perché ha tanta fretta nel volerlo fare? Quale natura giuridica avrà il nuovo soggetto che deve gestire l’invaso? Chi saranno i nuovi soci?

Abbiamo l’impressione che qualcosa di grosso stia bollendo in pentola intorno all’invaso di Campolattaro, il più grande della Campania, e ciò che paventiamo non ci fa stare tranquilli. Il fatto che, quando se ne parla, non si faccia nessun riferimento all’esistenza di Comitati civici come il nostro che da anni si battono affinché la gestione della risorsa idrica resti pubblica, in ottemperanza all’esito referendario del 2011, è un segnale indicativo della direzione che si vuole dare anche a questa vicenda.

Ma noi, ovviamente, siamo sul pezzo e ci resteremo. Non ci incantano i bei discorsi. Non ci convincono i buoni propositi. Vogliamo chiarezza e se la politica vorrà affidare la gestione della Diga ai privati – continueremo a far sentire la nostra voce, che è la voce di migliaia di cittadini sanniti che hanno chiesto un referendum consultivo sulla gestione pubblica dell’acqua, che sino ad oggi è stato negato.

Il problema fondamentale è garantire nei prossimi decenni l’accesso all’acqua a tutti ed in particolare ai più poveri. Papa Francesco da grande attenzione nell’Enciclica “Laudato si” alla questione, dove si afferma che:“l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”.

Il Pontefice in occasione della giornata mondiale per la tutela del creato a settembre 2019 ha affermato: ”Urgono progetti condivisi e gesti concreti, tenendo conto che ogni privatizzazione del bene naturale dell’acqua che vada a scapito del diritto umano di potervi accedere è inaccettabile”.

L’acqua non è una merce perché riguarda il diritto alla vita. Chiediamo alla politica sannita di fare presto ed impedire che si verifichi quello che è già accaduto in America, dove l’acqua, come qualsiasi altra merce, verrà scambiata nel mercato dei “futures” della Borsa di Wall Street.

 

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