Dell’antica regione della Transumanza restano oggi poche tracce sostanzialmente rinvenibili in ruderi di antiche taverne, mulini o piccoli tratti della rete dei cosiddetti tratturi e tratturelli, in molti casi metafora dello stato dell’economia e della vitalità della rete dei piccoli comuni che insistono su questo territorio.

Le aree interne come quella del pre-Fortore e del Fortore sono espressione di uno squilibrio nello squilibrio e rappresentano quello che viene definito l’”osso” dell’economia dell’Appennino Centro- Meridionale, contrapposto alla “polpa” delle aree costiere, ricche di risorse e opportunità economiche. Di questa metafora dell’osso e della polpa, identificata alla fine degli Cinquanta da Rossi-Doria, la Campania rappresenta un caso emblematico.

L’agricoltura e la cultura contadina sono ancora oggi molto radicate in questa area marginale della provincia di Benevento, ed è proprio da qui che occorre partire per un rilancio socio-economico, in modo da favorire anche processi volti a preservare e recuperare la qualità del suolo, in molti casi soggetta a fenomeni di degrado molto preoccupanti.

I comuni del Fortore, ed in particolare la loro appartenenza ad una regione complessa e vasta come la Campania ha fatto sì che i territori interni, come quello appunto del pre-Fortore e del Fortore, subissero la competizione di aree più produttive e ad elevato potenziale di sviluppo, localizzate principalmente verso la costa, ha fatto sì che queste aree venissero maggiormente “trascurate” nelle politiche di sviluppo regionale.

In base ai criteri di classificazione dell’ISTAT sul grado di montanità, è possibile evidenziare come l’area del pre-Fortore e del Fortore presenti i tipici caratteri antropici e socio-economici di un territorio montano, sebbene registri quote massime non superiori ai mille metri, si caratterizza per alcuni caratteri socio-economici tipici delle aree a carattere montano tra cui: forti esodi demografici e popolazione ad elevata senilità, elevata frammentazione degli elementi insediativi, marginalità economica, basso livello di educazione e in alcuni casi elevata incidenza di analfabetismo.

Per effetto della presenza della barriera Appenninica e Sub-Appenninica, il clima è tipicamente sub-continentale, con inverni freddi e piovosi ed estati miti. Rilevante durante tutto il corso dell’anno è l’elevato grado di umidità relativa. Caratteristica climatica dell’area in questione è poi la forte ventosità, presente in ogni periodo dell’anno, che spesso crea problemi nell’attività agricola, ma che rappresenta un presupposto importante per lo sviluppo del settore dell’energia eolica, che negli ultimi anni ha contribuito a caratterizzare il paesaggio di questi territori.

Dal punto di vista geomorfologico l’area è caratterizzata da una serie di formazioni litologicamente eterogenee, di natura flyschoide, in cui a terreni con una certa rigidità si intercalano sedimenti plastici a componente argilloso e marnosa. Tale associazione dà luogo ad una morfologia collinare irregolare, con estensioni di pendii detritici e accentuati fenomeni franosi.

La dimora rurale della media valle del Fortore presenta i caratteri della tipizzazione collinare, caratterizzata dalla presenza di edifici rurali sparsi per lo più di piccole e medie dimensioni a servizio di un solo nucleo familiare, che vengono connotati con il nome di “masserie”.

La società di stampo feudale aveva il proprio centro produttivo proprio in corrispondenza di tali strutture rurali, il cui nome deriva etimologicamente dalle massae tardo romane, ossia i singoli lotti, affidati in gestione ai massari, in cui andavano scomponendosi i grandi complessi latifondistici. Dai Normanni, agli Svevi, agli Angioini, agli Aragonesi, e successivamente ai Borbone, tutti hanno fondato l’articolazione e l’amministrazione del proprio territorio su questi microcosmi produttivi.

La struttura della popolazione dell’area presenta delle peculiarità che sono conseguenza della caratterizzazione geografica di questo territorio, che si presenta per la maggior parte collinare e montuoso, piuttosto ostile agli insediamenti umani, allo sviluppo di attività produttive e delle vie di comunicazione.

Il fenomeno delle migrazioni in quest’area ha avuto origine già alla fine dell’Ottocento, quando la pressione demografica anche delle aree collinari e montuose è diventata eccessiva e il graduale impoverimento delle terre e del mantello boschivo compensava sempre peggio le fatiche dei contadini. Le aree pianeggianti erano ancora inospitali e acquitrinose e le prospettive di trovare lavoro in Italia e altri paesi europei non erano rosee. Allora i paesi d’oltremare, aperti al popolamento e alla colonizzazione, sono stati per essi i centri d’attrazione.

Le migrazioni transoceaniche hanno avuto inizio dalla seconda metà dell’Ottocento ed hanno avuto un picco nel primo decennio del XX secolo, per subire poi una brusca frenata a causa dello scoppio della guerra. I flussi transoceanici sono poi sostanzialmente cessati con la Seconda Guerra Mondiale, per avere poi una lieve ripresa negli anni successivi. Le mete principali erano Stati Uniti, Canada, Venezuela e Argentina. A partire dal Secondo Dopoguerra l’area è stata poi interessata da un continuo ed inesorabile flusso migratorio che ha invece visto come mete principali l’Italia del Nord e il resto d’Europa e che ha causato un intenso processo di spopolamento che, purtroppo, non sembra mostrare nell’ultima decade segni di inversione di tendenza.

Il processo di spopolamento ha determinato anche un progressivo invecchiamento della popolazione. L’indice di vecchiaia dell’area è pari a 174, molto elevato se confrontato sia col dato regionale (96,5) che con quello nazionale (144). Il progressivo invecchiamento demografico ha chiaramente un impatto negativo sulle prospettive di sviluppo, poiché riduce la forza lavoro minando la creatività e la produttività del capitale umano. Quest’ultimo aspetto è poi strettamente legato anche alla qualità delle risorse umane presenti sul territorio. Il livello di istruzione, in particolare, è uno dei fattori cruciali nel determinare il livello di competitività di un territorio, oltre alla maggiore o minore facilità di accesso all’occupazione.

In sintesi, con riguardo alla popolazione, si evidenzia in primo luogo un forte calo demografico, in termini sia assoluti che percentuali, secondariamente un basso grado di istruzione, per lo più imputabile alle fasce di età più avanzate, riguardante sia l’alfabetizzazione che il conseguimento dei vari titoli di studio; un elevato indice di dipendenza ed infine percentuali assai elevate di popolazione tuttora economicamente afferente al settore agricolo, cui viceversa fanno riscontro aliquote piuttosto contenute di addetti alle attività secondarie e terziarie. Un tale contesto demografico evidenzia purtroppo una decadenza del capitale sociale sino a delineare, in una visione più pessimistica, veri e propri scenari di desertificazione sociale.

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