DI MARIO CATALUDDI

Emanuele ed il suo piccolo amico continuano senza freno la loro avanzata nella deserta città di Metz.

Il capitano ha ben messo in guardia il bambino contro le discriminazioni, i pregiudizi, pregandolo di star lontano da certe forme di superficialità.

Il ragazzino pone così in maniera del tutto spontanea un quesito: «Manu, perché allora la gente si comporta così? Perché nel mondo c’è tanta superficialità?

– Sai – gli risponde – è molto più facile scaldare al microonde le minestre precotte della grande distribuzione che imparare a cucinare da se stessi. La gente va di fretta, corre, gareggia, vuole solo ingozzarsi senza informarsi su ciò che mette in bocca, su come i piatti siano stati preparati, e sopratutto su cosa ci sia stato messo dentro. Si è ormai abituata a bersi qualsiasi schifezza gli venga propinata. Non hanno spirito critico.

– E cos’è lo spirito critico?

– È quella cosa che ti permette di distinguere il vero dal falso, per mezzo di approfondimento e conoscenza.

– Oh, e dove si trova? – domanda sempre più incuriosito il bambino.

– Ahaha! Non si trova, lo si coltiva!

– Nell’orto?

– Si, in quello che si trova nel fondo della razionalità di ognuno. Ogni giorno ci pianti un semino della conoscenza e lo annaffi. Vedrai che alberi da frutto ti vengon poi su! Devi lavorare duramente la terra, arare, notte e giorno. Ecco perché pochi sono quelli che lo fanno.

Quando mi vogliono far credere qualcosa, io uso il metodo Descartes.

– Delle carte?

– Si, dei tarocchi! Quanno nun so’ na cosa la chiedo agli spiriti!

– Davvero? E ti rispondono?

– Se stanno in casa si, altrimenti richiamo dopo! Ma che stai a dì? Metodo Renè Descartes!

– Bu… non lo conosco – il ragazzino alza le spalle in segno di negazione.

– Questa te la passo, sarebbe stato strano il contrario. Renè era un filosofo francese del Diciassettesimo secolo. Egli metteva in dubbio qualsiasi teoria. Si informava sull’autore, la smontava in tanti pezzi per vedere come era composta, e se poteva dimostrarne la veridicità, la accettava, secondo il suo proprio giudizio. Altrimenti… vade retro!

Ecco come si scacciano superficialità e discriminazioni.

– Anche tu sei discrimini…

– Discriminato? Certo. Le persone nutrono molti pregiudizi sui senzatetto.

Forse certuni credono che ci si nasca per fatalità in situazioni del genere, che infondo non abbiamo storie da raccontare. Un giorno mentre ero seduto per strada, mi si avvicinò un cagnolino che portava a spasso il suo padrone. Lo accarezzai, e poi udii proferire qualche parola dall’altra parte del guinzaglio. Quell’uomo, che prise il coraggio di rivolgermi la parola, mi disse : “Sa, io ammiro la sua scelta di vita, di essere un totale emarginato da questa falsa società”

-E tu che gli hai risposto?

-Che anch’io ammiravo la sua scelta di vita, quella di essere un totale imbecille di questa falsa società. Oh, come non si è offeso! Ha tirato il cane e se n’è andato!».

I due scoppiano a ridere. Le loro conversazioni suggellano sempre più una sincera complicità.

Il capitano ferma la marcia.

Le difese che aveva sempre issato stanno crollando una dopo l’altra di fronte all’innocenza del piccolo compagno. Il suo cuore, così travagliato, si apre sempre più per far posto al nuovo arrivato.

«Tu sei il mio secondo amico dopo anni di strada, lo sai? –  gli confida a voce spezzata – Nessuno osa avvicinarmi. I miserabili come me, sono scomodi per le persone comuni.

-Scomodi?

-La vista della sofferenza e delle difficoltà, non è di gradimento a nessuno. Per prima cosa perchè rimanda alla propria natura di essere imperfetto e mortale. Quando mi vedono per strada, le persone risentono una strana  sensazione. E’ quello che io chiamo “effetto specchio”. S’identificano in me, potrebbero essere loro al posto mio. La vita è così ricca di sorprese! E in secondo luogo, la gente fa fatica ad accettare la propria parte di responsabilità nell’esistenza di certe realtà. Meglio tenerle bene alla larga.

-Come coi Mezzini?

-Esatto. Occhio non vede…  Dicono che la povertà non esista nei paesi cosidetti “sviluppati”. Che ipocrisia! La verità è che è semplicemente nascosta sotto il tappeto. Arriva poi il giorno che talmente ne hai accumulata, che finisci per vederlo er montarozzo!»

Il bambino, immaginando la scena di una montagna di polvere sotto al tappeto, scoppia a ridere. Poi, tornato alla serietà, chiede con decisione: «Manu, tu hai paura di morire?

-No. Ho paura di provare dolore morendo, non di lasciare questo modo di pazzi! La morte è inevitabile. Questa è l’unica certezza che si ha nella vita. Per questo la società la fugge tramite mille espedienti.

Ma tanto lei arriva implacabile quando meno te l’aspetti, e a poco serve esser ricchi davanti ai suoi occhi. Non puoi corromperla con il vile denaro! Nella nostra società nessuno vuol morire, eppure la gran parte delle persone non si accorge di esser morta già da tempo!»

Emanuele vede negli occhi del piccolo un certo turbamento. Non era sua intenzione mortificarlo. Ma gli è difficile proferire frasi d’ottimismo, per lui, che ha cancellato da tempo la parola speranza dal suo vocabolario.

S’inchina così per raggiungere l’altezza del suo amico. Gli mette una mano sulla piccola spalla e lo sprona a ripartire :«Mo basta però, altrimenti ti metto l’angoscia con tutti sti discorsi! Tu sei un giovanotto, hai tutta la vita davanti a te! Devi viverlo a fondo questo mondo. Non accettare mai piatti precotti. Coltiva il tuo orto critico e usa i suoi frutti per preparare ottime pietanze. Voglio che diventi un grande cuoco, d’accordo?

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