Appartenente all’Appennino Campano, il gruppo montuoso del Taburno è delimitato a Nord-Ovest dalla Piana di Prata, che lo separa dal gruppo di Camposauro, a Sud-Est dalla Valle Caudina, di natura alluvionale, che a sua volta lo separa dai Monti del Partenio.

Il massiccio è caratterizzato dalla presenza di un vasto altipiano cinto da montagne che nella parte superiore comprende la Valle Vitulanese lunga circa 15 chilometri, da Montesarchio a Paupisi, cinge come se fosse una grande terrazza il fianco orientale del massiccio in tutta la sua lunghezza e all’altezza media di circa 500 metri è attraversata dalla Via Vitulanese che attraversa gli abitati di Campoli, Cautano, Foglianise, Vitulano, Torrecuso e Paupisi.

Il crinale del Taburno si sviluppa nella stessa direzione della Valle Vitulanese da sud a nord è diviso trasversalmente in due sezioni dalla suddetta Piana di Prata (790m) che apre un varco tra i due versanti orientale ed occidentale, mettendo in comunicazione la Valle Vitulanese con quella del Volturno.

Il massiccio è costituito da una serie di cime variamente strutturate; tra tutte domina Monte Croce (1394m), alto elemento architettonico naturale di sensibile bellezza. La sezione meridionale, oltre al citato Monte Croce, comprende Pizzo Cardito (1150m), Cepponeto (1270m), Colle dei papaveri (1331m), Toppo Orchitelle (1260m), Toppo Compiglia (1205m), Monte Coppola (1011m); la sezione settentrionale comprende Monte Gaudello (1210m), Piano D’Andrea (1304m) e il Monte Tesoro (1180m).

Il massiccio del Taburno-Camposauro rappresenta l’unico gruppo montuoso che sorge interamente nel territorio della provincia di Benevento, in quanto compreso tra i torrenti Serretella e Corvo ad est, la Valle del basso Calore a nord, il bacino del Volturno ad ovest e la Valle dell’Isclero a sud.

Il massiccio del Taburno-Camposauro è geograficamente costituito da blocchi calcarei monoclini di formazione mesozoica e terziaria. La sua origine è da ricercare nel fondo di quel grande mare che i geologi usano indicare con il nome di Tethys, dominante gran parte dell’Europa. In quest’era, dal clima caldo e uniforme, si depositano al fondo delle acque  del Thetys  quei sedimenti marini organogeni, cioè i calcari mesozoici, che costituiscono la struttura portante del massiccio montuoso del Taburno-Camposauro.

A circondare i blocchi calcarei troviamo sedimenti di Flisch, pianure alluvionali, argille varicolari e soprattutto, in quanto ben visibili, i blocchi di tufo grigio della zona di Tocco Caudio e giallo campano di S. Agata dei Goti. Lungo la Montesarchio-Foglianise-Benevento si possono osservare dei massi calcarei, importanti in quanto ospitano una vegetazione alquanto diversa dai sedimenti terziari dai quali emergono. Il più conosciuto è certamente quello detto della Pietra di Tocco che si trova a valle del centro abitato di Campoli del monte Taburno.

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L’orografia del luogo è caratterizzata da una morfologia decisamente diversificata. Le differenze morfologiche sono la causa più evidente della diversa erodibilità degli stessi materiali, oltre che dalla disposizione ed esposizione nei riguardi dei fenomeni erosivi.

Le pareti meridionali, molto erte, corrispondono alle faglie principali, mentre quelle settentrionali si presentano di aspetto dolce e ondulato. Le pareti meridionali appaiono tagliate da solchi erosivi molto profondi in corrispondenza di linee di frattura che fanno apparire piacevolmente aspro e a tratti selvaggio l’aspetto  di questi versanti. Questo tipo di configurazione è facilmente visibile in quei versanti che si affacciano, spogli di vegetazione, nella zona che unisce Montesarchio a Bonea e Bucciano.

Tutto il massiccio è interessato da un notevole fenomeno carsico che si manifesta soprattutto con la totale assenza di idrografia superficiale, con doline e soprattutto con la presenza di grotte. Queste ultime presenti in special modo nella zona che da Bonea si snoda fino a Pastorano nel comune di Bucciano; ricordiamo per la loro ampiezza quella di S. Mauro, di Grugnola, di S. Simeone e di Valle Nera.

Conseguenza diretta di questo fenomeno carsico è la presenza di numerosi valloni tra i quali ricordiamo per le loro caratteristiche decisamente uniche quello di S. Simeone e quello di Valle Oscura così chiamato per la presenza di una fitta vegetazione che limita visibilmente la penetrazione della luce nelle zone sottostanti. Il risultato di questo processo è il formarsi di una idrografia sotterranea che si sostituisce a quella superficiale. Difatti, sul versante sud, a poco più di un chilometro dall’abitato di Bucciano troviamo la sorgente dello Sfizzo o Fizzo, la principale dell’acquedotto Carolino, progettato da Vanvitelli e costruito tra il 1753 ed il 1764 per alimentare la Reggia di Caserta. Ricordiamo inoltre la sorgente Palumbo a quota 750m, Acquaviva a 756m, Ceraso a 771m, Rivullo a 761m, la fontana della Croce a 600m, Cirignano a 380m, la sorgente Pisciariello  a 1036m presso l’albergo Taburno. La maggior parte di tali sorgenti sono state incanalate in acquedotti per l’approvvigionamento idrico dei paesi posti alle falde del massiccio.

L’Isclero nasce lungo i versanti meridionali ed attraversa la Valle Caudina e S. Agata dei Goti per poi sfociare nel Volturno dopo un percorso di circa 30 chilometri, tutto nel territorio della provincia di Benevento, ma la maggior parte delle acque per mezzo del canale di Carmignano che ha la sua presa nella stretta di Moiano, va ad alimentare l’acquedotto di Napoli. Lo Jenga, che nasce sul versante settentrionale, tocca l’abitato di Tocco Caudio,  attraversa la parte meridionale della Valle Vitulanese e sbocca nel Calore presso Castelpoto. Lungo i versanti bassi delle zone ad Ovest e a Sud sono presenti boschi di latifoglie, tipo querceti estremamente degradati, mentre a Nord e a Est predominano i castagneti. Dagli 800 metri predomina incontrastato il faggio, solo in alcuni tratti artificialmente sostituito dall’abete e da qualche altra rara pianta della stessa famiglia. A valle la fa da padrona l’ulivo.

Per ciò che riguarda le zone prive di vegetazione arborea esse sono state utilizzate, ed ancora in molti casi lo sono, per la pratica del pascolo, sia bovino che ovino-caprino. I declivi esposti a sud, in gran parte privi di alberi e in qualche caso terrazzati, in quanto coltivati, sono interessati da una vegetazione erbacea predominata dalle Graminacee.

Man mano che si sale la vegetazione subisce alcune modificazioni fino a raggiungere le vere condizioni di vetta. Anche il paesaggio subisce variazioni progressive, lentamente aumentano le zone rocciose e la loro inclinazione. In queste zone la vegetazione si riduce fino a scomparire del tutto. Tali zone rupestri a picco appaiono in tutta la loro maestosità dalla Statale Appia che si snoda sul fondovalle. Diversa è la situazione nelle radure delle faggete che rappresentano le zone più adatte al pascolo. Nelle zone più a valle, lungo le pendici, possiamo notare una vegetazione spontanea fatta di malva, ortico, rovo, stoppione, gettaione, rosolaccio, sambuco erbaceo, mercorella.

Di straordinario interesse naturalistico è la presenza di alcune piante mediche, come la verbena silvestre, il solano nero, l’agrimonia cupatoria, la melissa, la dulcamara, il crescione o masturzio acquatico. Spontaneamente vegetano anche molte piante mangerecce come la cicoria di montagna, la lattughina, il finocchio, l’asparago, il sonco, la borragine, l’aspraina.

In montagna nel periodo estivo fiorisce il cosiddetto carciofo della caulina, nei mesi di giugno e luglio abbondano le fragole, in autunno le more. Ricca è anche la fioritura di funghi mangerecci, tra i quali il cardarello, il prataiolo, il porcino, il prugnuolo, la spugnola, il volivolo, il boleto, l’agarico violaceo, il pesco o fungo di terra, oltre ai funghi di fico, di pioppo, di sambuco, di olmo e di salice.

Sono state rilevate la presenza delle seguenti specie animali: allocco, allodola, assiolo, averla piccola, balestruccio, balia dal collare, ballerina bianca, cappellaccia, cardellino, cincia mora, cinciallegra, cinciarella, cinghiale, civetta, codibugnolo, codirosso spazzacamino, codirossone, colombaccio, comacchia grigia, cuculo, culbianco, cutrettola, fagiano comune, fringuello, gazza, gheppio, ghiandaia, gufo comune, luì piccolo, luì verde, merlo, monachella, nibbio bruno, occhiocotto, passera d’Italia, passera lagia, passera mattugia, passera scopaiola, pettirosso, picchio muratore, picchio rosso maggiore, picchio verde, pigliamosche, poiana, rampichino, riccio, rigogolo, rondine, rondone, saltimpalo, scricciolo, sterpazzola, strillozzo, verdone, verzellino, volpe, zigolo muciatto, zigolo nero.

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