L’artista Francesco Guadagnuolo ha dipinto l’opera: “La finestra nella notte” che raffigura questo nuovo lockdown, come un proseguimento del precedente, nulla è cambiato in un anno!

L’opera di Guadagnuolo è l’agghiacciante percezione del malessere della psiche che incarna una ragazza annientata dalla solitudine. Questo malessere procura stress emotivo causato dall’isolamento nelle nostre case, diventando una disumana condizione cui non eravamo preparati a sopravvivere.

L’artista fa un’analisi stilistica attuale, immessa al tempo del Coronavirus, per propinare una configurazione e un concetto della condizione umana, fissata come emarginazione sociale. Se si muore da Covid 19, si potrebbe anche morire di solitudine emotiva. Guadagnuolo ci vuole dire con quest’opera, quanto siano importanti gli affetti all’interno del comportamento umano. L’opera pittorica rende bene questo momento attraverso la storia di una ragazza affacciata nella notte alla finestra che diventa simbolo di dialogo tra lei e l’esterno dove convergono tutti i suoi pensieri, tormenti, angosce.

La finestra agisce come monitor transrealista che rivela il silenzio delle cose. Spalancare la finestra la sostiene ad opporsi alla sua angoscia di quanto le sta piombando addosso, rammentando la scritta illuminata, già conosciuta lo scorso anno “state a casa”. Spesso, alla finestra, le succede di meditare sugli accadimenti disastrosi di un anno passato, è l’Italia, è di nuovo in lockdown. Scorge i fabbricati di una Milano sempre pressoché oscura. Il computer sempre vicino rimanda su un’estrinsecazione da mettere nero su bianco. Al computer rimugina scrivendo che è così ormai da più di un anno e nulla è cambiato, semmai si è aggravato.

I comunicati dei media di questi giorni della diffusione del COVID-19, non parlano che delle varianti, inglese, brasiliana e sudafricana che stanno inondando l’Italia.

Le Squadre mobili della Pubblica sicurezza vanno e vengono attraversando vie quiete nell’area desertica esistente. Capoluogo spento, statico, come nelle altre città, in un mondo dall’area sospesa. Ogni tanto questo silenzio viene violato dalla sirena di un’autombulanza come urlo che implora aiuto nella notte. Milano la città che ha più sofferto il Covid come l’intera Lombardia.

Il Coronavirus ha portato il malessere dell’isolamento: pena questa che dimora nella psiche umana in questo periodo storico che stiamo vivendo. Questa condizione sociale con la privazione della vicinanza naturale con gli altri sta diventando ed in moltissimi casi è diventata, una seria malattia poiché si vive un profondo turbamento interiore che colpisce il punto più delicato del nostro essere: l’inconscio. Sappiamo che l’incontro tra persone significa rapporti sociali di cui non ne possiamo a fare meno, nella vita lavorativa e nei sentimenti umani. Infatti, convive una continua situazione di panico, che provoca ed aggrava conflitti interiori: fragilità e perdita dell’IO. Anche se il tempo scivola, seppur in grado dissimile, nondimeno il mondo sembra statico, incessantemente identico, ci si chiede per quanto tempo durerà questa vita fatta di rinunce?

Un anno fa, nonostante ogni giorno ci fossero centinaia di morti, ci dicevano: “Andrà tutto bene”! Ma veramente “Andrà tutto bene”? Parecchie volte l’abbiamo letto e sentito ridire stupidamente che “Andrà tutto bene”, qualcuno l’ha detto ipocritamente, qualcuno ne ha approfittato per arricchirsi attraverso la pandemia, ma alla fine, non è andato per niente bene! L’Italia ha superato i centomila morti!

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