MANCANO POCHI GIORNI AL TERZO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI BEATRICE MORANDI, UNA RAGAZZA FIORENTINA DI SOLI 19 ANNI.

Era il 7 maggio 2018 quando, di prima mattina, Beatrice era uscita di casa in scooter per recarsi a seguire un corso per estetista. Purtroppo ha perso la vita dopo pochi metri, sulla via Livornese, travolta da uno scuolabus a causa di un’auto che non aveva rispettato la precedenza.

Un anno dopo la sua scomparsa, in sua memoria è nata l’associazione “Con il sorriso di Beatrice” che ha trovato sede nei locali dell’ex asilo parrocchiale di Porto di Mezzo, una frazione nel comune di Lastra a Signa dove la giovane abitava con i suoi genitori.

Siamo andati a conoscere questa realtà del territorio che ha messo al centro del suo progetto i giovani, in ricordo anche della capacità di Beatrice di occuparsi degli altri e di essere sempre positiva dinanzi alla vita.

Ad accoglierci all’ingresso della struttura ci sono la mamma Letizia Paoli, presidente e socia fondatrice dell’associazione, e il fratello Duccio con il compagno Alessandro, mentre in una stanza ci sono due psicologhe volontarie, Virginia e Chiara, impegnate nel dopo scuola pomeridiano con due ragazzi.

Letizia ci racconta che non è stato semplice mettere in piedi la sede dell’associazione. Stiamo parlando di un ex asilo chiuso da tempo che prima era gestito da una congregazione di suore e poi è passato nelle mani di una cooperativa. Loro sono riusciti ad avere parte dei locali di questa immensa struttura nell’agosto del 2019 grazie a un contratto di comodato stipulato con la Parrocchia del Porto. Ovviamente sono stati necessari lavori di riqualificazione all’interno e all’esterno che hanno richiesto l’apporto dei volontari per far sì che il luogo da fatiscente diventasse accogliente.

Oggi “Con il sorriso di Beatrice” può contare su una sala studio molto attrezzata e un teatrino. Nonostante la pandemia, le attività cercano di andare avanti. L’obiettivo, ci spiega Letizia, “è affiancare nello studio i ragazzi in difficoltà. L’associazione, però, non si rivolge soltanto alle famiglie disagiate che non possono permettersi il dopo scuola privato. Infatti, è nostra intenzione rivolgerci a tutte coloro che hanno bisogno di un supporto”.

Al momento sono seguiti a rotazione 23 ragazzi tra medie e superiori. L’intenzione è anche quella di entrare nel mondo della scuola con progetti mirati. Uno di questi, ad esempio, si chiama “Relazioni in classe” che era partito l’anno scorso in collaborazione con la cooperativa Millegru. Era stata fatta la formazione dei volontari ma purtroppo il virus ha bloccato la fase operativa. Così come si spera di poter attrezzare il teatrino per attività che possano riempire il tempo libero dei ragazzi.

Molto bello è inoltre il rapporto che si è creato con l’associazione Guarnieri, anch’essa nata a seguito di un incidente mortale in cui perse la vita un altro giovane fiorentino di nome Lorenzo. I suoi genitori hanno partecipato il 15 dicembre scorso all’inaugurazione del teatrino e si spera in futuro di fare iniziative in comune soprattutto sull’importante tema della sicurezza stradale.

Anche se ci sono difficoltà a sensibilizzare e a coinvolgere gli abitanti del Porto, Letizia e Duccio, insieme a Stefano, il papà di Beatrice, e Benedetta, la sua sorella, non si sono persi d’animo e macinano chilometri per far conoscere la loro realtà. Dopo aver presentato l’associazione all’Alberghiero Saffi di Firenze che era la scuola in cui Beatrice si è diplomata, hanno organizzato due eventi di raccolta fondi a San Romolo e a Badia a Settimo. Grazie ai volontari, inoltre, effettuano animazione di compleanni e preparano bomboniere solidali per gli eventi. Per sostenerli, infine, è possibile anche donare loro il 5 X 1000 nella propria dichiarazione dei redditi (C.F. 94283390485).

Non ci resta che parlare di chi era Beatrice. La mamma Letizia ce la descrive come “una ragazza normalissima di 19 anni. La sua scomparsa è avvenuta nel periodo più bello della sua vita. Era felice ed aveva finalmente acquisito un po’ di autostima. Finite le scuole superiori, il suo sogno era quello di fare un’esperienza lavorativa all’estero con una sua amica anche se la frenava il pensiero del fidanzato che invece era a Firenze. Aveva fatto un colloquio per far parte dello staff di un locale a Londra ma poi, nel frattempo, era entrata in società con la sorella Benedetta che aveva un centro estetico. Per aiutarla in negozio, aveva seguito prima un corso di trucco e poi si era iscritta a una scuola di estetica ed infatti quella mattina di maggio si stava recando proprio lì”.

Letizia ci spiega anche il nome che hanno scelto per l’associazione. “Beatrice non si tirava mai indietro. Era una ragazza generosa. C’è stata per la sorella ma era disponibile con tutti. Mia figlia rideva sempre, era positiva. Difficilmente l’ho vista litigare. Poteva capitare con la sorella ma tempo una notte e facevano pace. Sentiva molto il valore della famiglia”.

Cento anni dalla morte. Risuona la voce del tenore Enrico Caruso. Non tutti sanno che c’è un filo rosso che lega Napoli e Firenze, le due città simbolo della vita e del percorso artistico di Enrico Caruso. Ai più è noto che il grande tenore è nato e morto nel capoluogo partenopeo ma quasi nessuno ricorda che in Toscana ha acquistato una villa dove ha vissuto gli ultimi venti anni della sua vita, soprattutto nelle pause dalle tournée in tutto il mondo.

Quest’anno ricorre il centenario della morte di quello che gli appassionati considerano a buon diritto il più grande tenore di tutti i tempi. Una ricorrenza da celebrare nei luoghi che gli hanno dato i natali e in cui riposano le sue spoglie ma anche nell’altra città dove ha abitato già prima che la sua voce fosse conosciuta in ogni angolo del mondo.

Per avvicinarci a Caruso e capire come la sua stella è riuscita a brillare nell’universo musicale italiano e americano in particolare, siamo saliti a Bellosguardo, sulle prime colline fiorentine, nel territorio di Lastra a Signa.

E’ in questa spettacolare posizione infatti che si trova la proprietà cinquecentesca che nel 1906 passò nelle mani dell’artista partenopeo. Uno dei suoi biografi racconta che l’acquisto avvenne in seguito a una passeggiata in compagnia di Ada Giachetti, la sua compagna di Livorno, quando entrambi rimasero colpiti dal magnifico panorama e dal monumentale e scenografico parco.

Caruso concepì la villa come luogo di riposo e di recupero degli affetti familiari visto che, nel frattempo, era diventato anche padre di Rodolfo ed Enrico jr. Arredò la sua casa in modo fastoso e l’arricchì con mobili sontuosi e pregiati dove campeggiava lo stemma di famiglia che lui stesso aveva contribuito a disegnare. Il suo sogno, in definitiva, era quello di godersi in questo luogo il dorato ritiro dalle scene con i figli e l’amata compagna anche se ciò non gli fu permesso per la sua prematura scomparsa a soli 48 anni.

Oggi Villa Caruso è diventata un Museo, il primo in Italia dedicato interamente al cantante. La sua inaugurazione risale al 2012 e, da circa un decennio quindi, offre ai visitatori e alle scolaresche la possibilità di vivere un incontro diretto con l’artista. Infatti, percorrendo le sale della sua casa, se ne apprende la storia e si tiene in vita la memoria di quello che è stato non soltanto un cantante ma anche un attore, un discografico, un fumettista, un imprenditore e un grande collezionista.

Accompagnati da Carmine Sanchirico, siamo andati alla scoperta del percorso espositivo nel quale Caruso è evocato da numerosi e diversi elementi: gli oggetti a lui appartenuti, le opere collezionate, i disegni da lui realizzati, i numerosi riconoscimenti, le immagini che lo rappresentano nel mondo e la sua stessa voce consegnataci nello storico vinile. Il punto più affascinante è senza dubbio la stanza della sua musica, affacciata sul giardino della villa. Qui il tenore trascorreva ore e ore a provare le arie che poi avrebbe interpretato nei più famosi teatri.

Un luogo di così eccezionale valore com’è appunto il Museo Caruso si candida a rivestire un ruolo di primo piano e di assoluto protagonista in vista dell’anno carusiano. La macchina organizzativa si è messa in moto visto che il ministro della cultura ha costituito il Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario. Saranno programmate e promosse in tutta Italia manifestazioni che avranno il momento clou il 2 agosto prossimo quando cadrà l’anniversario della morte del grande tenore napoletano.

In attesa che il calendario nazionale sia definito, l’associazione Villa Caruso che gestisce il Museo fiorentino per conto del Comune, si è già mossa con un appello ai cittadini che mira a raccogliere immagini, reperti e testimonianze del territorio delle Signe all’epoca di Caruso. L’obiettivo è quello di realizzare una mostra collettiva fotografica sul territorio relativa al periodo di permanenza del tenore a Lastra a Signa e nel territorio delle Signe (1906-1921) prevista nei prossimi mesi all’Antico Spedale di Sant’Antonio.

Per parlare di questa e delle altre iniziative in cantiere per questo lungo anno che si apre abbiamo incontrato il presidente dell’associazione, Stefano Calistri, che ci ha accolto nel suo ufficio all’interno della villa. In questo momento il Museo è ancora chiuso al pubblico per via delle restrizioni anti-Covid ma la zona gialla in cui è stata inserita anche la Toscana lascia ben sperare per il futuro.

Chiediamo a Calistri di dirci innanzitutto cosa rappresenta l’Anno Carusiano per il Museo che presiede. “E’ un’occasione importante per rilanciare l’immagine di Caruso e far conoscere ulteriormente un luogo in cui l’artista ha vissuto in maniera assidua e continuativa, nonostante i tanti viaggi. Questa Villa è la casa in cui lui aveva scelto di vivere e che lui stesso ha reso così bella come ancora oggi la vediamo, utilizzando le maestranze del luogo”.

Per Calistri, “il respiro del centenario sarà nazionale e internazionale, soprattutto per gli amanti della lirica” dato che “Caruso è considerato l’emblema del bel canto e la più bella voce di tutti i tempi. E’ stato un uomo che ha intuito per primo che i dischi potevano essere il modo per rimanere eterni. Infatti sentiamo ancora la sua voce perché ha avuto il coraggio e l’intuizione di inciderla per poi ascoltarla attraverso i grammofoni. Se avesse avuto a disposizione i media di oggi, li avrebbe utilizzati perché era un personaggio conosciuto in tutto il mondo”.

L’importante istituzione culturale fiorentina sarà gestita dall’associazione Caruso per i prossimi quattro anni così come ha disposto il Comune di Lastra a Signa. Il Museo si avvia ad una operazione di rilancio dopo lo stop imposto dalla pandemia. Sottolinea Calistri che “abbiamo utilizzato questo anno per mettere in piedi la parte digitale del Museo. Abbiamo realizzato interviste, visite guidate, incrementato l’aspetto social. Ora ci stiamo preparando per la stagione estiva ma tutte le nostre forze saranno concentrate sull’anno carusiano in attesa che anche il Comitato nazionale possa ritrovarsi e iniziare a dare un minimo di indicazioni per evitare sovrapposizioni e doppioni”.

Nel frattempo, però, ci sono anche altre iniziative a cui si sta lavorando come il protocollo d’intesa che il Comune e l’Associazione hanno siglato con Montespertoli che ha un piccolo Museo dedicato a un tenore coetaneo di Caruso ossia Amedeo Bassi. “Pensiamo di integrare le nostre rispettive attività”, ci racconta Calistri, “e questa estate si vorrebbe attivare un biglietto unico per le due strutture in modo da essere sinergici”. Altra collaborazione è quella con la Casa Puccini di Lucca e poi sono tante le realtà che stanno contattando Villa Caruso in vista del centenario che sicuramente avrà un traino nazionale ed internazionale.

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