Perché spesso il lavoratore dipendente a Dicembre si trova una busta paga con trattenute che coprono buona parte di ciò che ci si aspettava di incassare?

 

La risposta è: il conguaglio Irpef. Ma di cosa si tratta? Perché esiste?

Andiamo con ordine: durante l’anno il datore di lavoro, che fa da sostituto d’imposta, basa la tassazione e le detrazioni fiscali su un reddito che è presunto. Si basa infatti su quanto comunicato dal lavoratore o sul suo reddito nell’anno precedente. Il che significa che le trattenute mensili non sono definitive, ma provvisorie.

A Dicembre quindi, chiuso l’anno, si possono tirare le somme che portano il lavoratore ad aver diritto a un rimborso, nel caso avesse pagato durante l’anno più del dovuto, ma il più delle volte danno luogo a una trattenuta che colpisce proprio la busta paga di Dicembre. Se l’importo fosse rilevante è possibile che la trattenuta venga diluita sulle mensilità successive onde evitare un taglio eccessivo della mensilità di Dicembre.

Quindi una volta effettuato il conguaglio sono finiti i problemi? Sì, ma solo se non si avessero altri redditi e non si avessero spese su cui lo Stato concede deduzioni o detrazioni. In questi casi infatti il lavoratore dovrà presentare, l’anno successivo, la dichiarazione dei redditi per integrare quanto già pagato o ricevere il rimborso dovuto.

La necessità del conguaglio nasce dal fatto che in Italia non è vigente una FlatTax: l’aliquota Irpef infatti aumenta all’aumentare del reddito imponibile, in modo progressivo. Questo serve a fare in modo che chi guadagna di più contribuisca di più alla cosa comune.

La mazzata in busta paga a fine anno viene quindi giustificata dalla necessità di avere un sistema fiscale più equo: più facile sarebbe avere un’aliquota unica per tutti, eviterebbe molte sorprese e una migliore prevedibilità dei flussi di cassa di famiglie e imprese, ma sarebbe giusto? Sarebbe equo? Sarebbe sostenibile?

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