di Pellegrino Giornale

 

Al Giro d’Italia c’è una questione meridionale. Il probabile percorso dell’edizione 2021, che si svolgerà nel prossimo mese di maggio (Covid permettendo), vedrà soltanto una tappa al Sud tra le 21 in programma. Non è la prima volta che l’organizzazione della più importante rassegna ciclistica nazionale incappa in questo scivolone. Era già successo nel 2015. Le polemiche di allora, evidentemente, non hanno sortito alcun effetto visto che anche quest’anno la maglia rosa non toccherà le regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, escludendo il breve passaggio nei territori di Foggia e Benevento, fissato per il 15 maggio.

Quello del 2021, quindi, sarà un Giro d’Italia a trazione nordista. A dirlo è già la scelta di Torino come città della partenza e della crono di apertura della 104esima edizione della gara che vedrà poi il Piemonte protagonista di altre 4 tappe. Non è una novità perché la medesima scelta fu compiuta nel 2011 e nel 1961, rispettivamente per i 150 anni e per il centenario dell’Unità d’Italia. Dopo l’inaugurazione a Torino, la corsa toccherà le province di Novara e di Biella e tornerà in regione nel finale, con un arrivo in salita in Valsesia e la partenza il giorno seguente da Verbania in omaggio all’azzurro Filippo Ganna che è stato un grande protagonista dell’ultima edizione con ben 4 vittorie e 2 giorni in maglia rosa.

Mentre le tappe piemontesi sono già ufficiali, come ha raccontato il quotidiano torinese La Stampa, resta un rebus la restante parte del percorso che la Rcs Sport svelerà fra qualche giorno, una volta definita la questione dell’assegnazione dei diritti televisivi per cui sono in ballo Discovery Channel e la Rai che tutti danno favorita. Nonostante lo stretto riserbo degli organizzatori e i sopralluoghi ancora in corso, circolano insistentemente alcune anticipazioni sul tracciato. E per il Mezzogiorno le sorprese non sono molto positive.

Stando ai rumors, l’itinerario sarebbe stato arricchito in extremis dalla tappa con partenza a Foggia e arrivo in provincia di Benevento, precisamente a Guardia Sanframondi. La notizia è stata rilanciata dal quotidiano campano Il Mattino che ha intervistato anche il presidente regionale della federazione ciclistica italiana. Per il resto buio assoluto. Dopo l’intermezzo meridionale, i 184 corridori ripartiranno subito alla volta del Nord passando per l’Abruzzo, il Lazio e l’Umbria. Fra le grandi montagne tornano il terribile Zoncolan e il Kaiser delle Alpi Carniche. Traguardi in salita anche a Sestola, al Gran Sasso e a Cortina.

Nel programma della corsa ci sarà anche la celebrazione di diversi anniversari. Verranno ricordati i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri con la tappa a Ravenna; i 100 anni dalla nascita di Alfredo Martini, storico ct azzurro, con il transito a Sesto Fiorentino, il suo paese natale; i 90 anni dalla nascita della Maglia Rosa, indossata per la prima volta da Learco Guerra nel 1931 a Mantova, dove passerà la 13esima tappa. Come se non bastasse, il Giro avrà il tempo di fare anche una breve sosta in Slovenia nella Grado-Gorizia.

L’estero attrae, il Sud evidentemente no. Sarebbe interessante stare nella testa degli organizzatori per capire le scelte che si apprestano a compiere e che poco hanno a che fare con l’unità nazionale e con una corsa che si fregia del nome Italia. Non è la prima volta che succede, per carità. Già nel 2015 si era verificata la stessa circostanza. Allora fu il giornalista Pino Aprile, sul settimanale Panorama, a sollevare il caso che suscitò una grande protesta, cavalcata soprattutto dai gruppi neo borbonici.

In quel caso la corsa rosa toccò soltanto Benevento (200 km su 3500 e solo in Campania) tanto è vero che si parlò di “MezzoGiro d’Italia”. Crediamo che gli argomenti utilizzati sei anni fa da Aprile siano validi tuttora. “L’obiezione è: il Giro costa e va dove ci sono enti che si accollano le spese, da recuperare con l’afflusso di tifosi, turisti che riempiono alberghi, ristoranti. Un detto diffuso al Sud è: “Non si mischiano bucce e fave”, nel senso che c’è chi mangia le fave (la massima è un po’ datata…) e chi si becca le bucce. Così, anche una corsa in bicicletta che si propone come “nazionale” è la fotografia dell’esclusione di “chi non può”, da parte di “chi può permetterselo”. La foto del percorso dice a un terzo della gente e del Paese: tu sei fuori, morto di fame. C’è un’Italia del Giro e una presa in giro”.

La faccenda si aggrava, aggiungiamo noi, se consideriamo che l’Italia è ancora nella morsa sanitaria del Covid 19 con conseguenze sociali ed economiche che nel Mezzogiorno si aggravano inevitabilmente. Il Giro al Sud avrebbe rappresentato un motivo di svago, di ripresa e di tenuta del Paese. Peccato, invece, che ancora una volta questa parte importante del Paese venga sacrificata sull’altare di più “alti” interessi.

Se l’indiscrezione della tappa sull’asse Foggia-Benevento dovesse trovare conferma da parte dei vertici Rcs Sport, si tratta sicuramente di un ottimo risultato per il Sannio che, dopo tre anni, rivedrebbe il passaggio della maglia rosa. Ma è comunque troppo poco per ristabilire il carattere nazionale di una gara che appare tutta squilibrata a favore del Nord. Una rondine, quindi, non fa primavera. Quello che molti considerano un risarcimento è in realtà soltanto un contentino.

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